Human centric lighting, software intelligenti e hardware pluripremiati dal design accattivante; così nasce la collaborazione tra Eelectron e Panzeri. Con il supporto scientifico del Politecnico di Milano.
Ne parliamo con Federico Panzeri, general sales manager dell’azienda.
Luce e benessere. La correlazione è molto stretta. Come la luce influenza l’uomo?
Dal nostro punto di vista c’è una strettissima correlazione tra la luce naturale e artificiale e la persona. Ho fatto questa distinzione, tra naturale e artificiale, in quanto noi, come azienda, ci occupiamo di luce artificiale ma il concetto è estensibile a ogni ambito. La luce influenza il benessere della persona, negli ambienti lavorativi si studia il layout più funzionale per la distribuzione delle postazioni vicino alle finestre. Da una decina d’anni si progetta con i led che hanno giocato a favore, lo human centric lighting è oggi un concetto acclarato, il bianco dinamico, e quindi la possibilità di modificare la temperatura di colore della luce in funzione di parametri giornalieri e della latitudine, concorre ad aumentare il benessere della persona che è sempre al centro della progettazione, in qualsiasi spazio, in casa, in hotel, in ufficio.
A quando risale il vostro approccio alla tematiche di well being?
Per quanto riguarda il mondo dell’hospitality, da quando è iniziata la nostra collaborazione con lo studio Matteo Thun, quindi da un paio d’anni, ed è poi è culminata nell’allestimento di Grand Hotel Elle Decor arrivato alla sua quarta edizione e che si è tenuto a ottobre a Palazzo Morando a Milano. Matteo Thun, altoatesino, proviene da un contesto culturale molto attento al benessere e alla cura della persona e ha trasferito questi concetti anche alle lampade che ha progettato per noi.
Mentre per il mondo ufficio è legato al progetto OTOMO, sviluppato con Eelectron, che ci ha dato la possibilità di ripensare alcuni nostri prodotti rivisitandoli in questa direzione.
Da cosa nasce la collaborazione con Eelectron?
Eravamo già in contatto con l’azienda e stavamo già lavorando ad alcune idee condivise sulla IoT. Abbiamo potuto portarle avanti e sviluppare il progetto OTOMO grazie alla partecipazione a un bando di finanziamento europeo per il quale abbiamo coinvolto anche il Politecnico di Milano che ci ha supportato dal punto di vista scientifico e ha validato le nostre tesi.
Raccontaci del progetto OTOMO.
L’idea è stata quella di trasformare una lampada, la nostra pluripremiata Jackie, e adattarla a una tecnologia IoT ma senza snaturane il design. È stata una bella sfida integrare tanta tecnologia in un oggetto esistente che non era nato per questo scopo. Grazie all’esperienza di Eelectron, si è riusciti a sviluppare una sensoristica di pochi centimetri, da alloggiare in una pressofusione di alluminio, che non ha modificato le dimensioni originarie del nostro prodotto.
È possibile trasformare tutte le lampade in oggetti intelligenti?
Certo è più facile con oggetti che non hanno un design così accentuato o con lampade come Giano, la seconda studiata per il progetto OTOMO, che ha già di suo lo spazio per l’alloggiamento dei sensori. Più difficile è stato con una lampada da tavolo come Jackie.
Avete in programma di estendere il sistema ad altri corpi illuminanti?
Il prodotto può essere esteso a un’ampia gamma di corpi illuminanti. Ma, al momento, abbiamo limitato la proposta a una lampada da tavolo, Jackie e a una lampada a sospensione, Giano, che rispondono perfettamente alle esigenze di illuminazione dell’ufficio.
Il punto di forza di OTOMO? L’ampiezza delle sue applicazioni.
Come viene percepito dal mercato un sistema di office automation come OTOMO e a chi viene proposto?
OTOMO è un sistema multifunzione, una grande novità, unica nel suo genere con un grande punto di forza: l’ampiezza delle sue applicazioni. In questa prima fase abbiamo verificato un grande interesse da parte dell’imprenditore illuminato che ne capisce la portata. Il sistema è in grado di apportare benefici nei consumi energetici ma anche di immagazzinare dati e informazioni che possono poi essere utilizzati per una migliore gestione degli spazi di lavoro.
Un altro interlocutore molto interessante è il rivenditore specializzato, in quanto capisce di avere a disposizione un sistema unico con il quale differenziarsi sul mercato.
Luce calda o luce fredda. Quale la tendenza?
In generale la scelta della temperatura media di colore dipende da un fattore geografico. I paesi nordici preferiscono la luce calda, via via che ci si avvicina all’equatore la scelta è per le temperature più fredde. In questi ultimi anni, però, si è assistito a una migrazione verso temperature di colore più calde, sia per il residenziale che per il terziario. Per fare un esempio, se non molto tempo fa nel residenziale si cercavano i 2700 gradi Kelvin, ora si è orientati verso i 2200.
Questo anche per gli uffici. Dove prima si richiedevano 4000, 4500 gradi Kelvin ora si è scesi a 3500. Rimane comunque la distinzione netta tra residenziale e ufficio dove prevalentemente si lavora con illuminazioni più fredde che, secondo la letteratura scientifica, sono le migliori per favorire la concentrazione.